Il segno, il tratto, di Rick Griffin è andato oltre il surfing; in un certo qual senso esondato come un fiume ma il letto del fiume era il surfing.
Non è stato sicuramente il primo ad illustrare il surfing perchè ai tempi in cui il dagherotipo (l’antenato della macchina fotografica) era di difficile reperibilità e di uso copmplicato era molto più immediato e facile rappresentarlo con disegni che finivano spesso in incisioni e stampe.
Erano disegni realizzati da non surfisti, illustratori professionisti di cartoline illustrate e riviste sportive, da curiosi pittori amatoriali e acquarelisti da spiaggia.
Poco tempo dopo il surf iniziò ad apparire saltuariamente sulle bellissime copertine di qualche “dime” o “pulp magazine” di genere e poc dopo inizia ad apparire nei fumetti.
Il flirt tra fumetti e surfing inizia molto presto con l’oggetoo in se, il surfboard.
I surfboard appaiono appaiono in fumetti di avventura, sentimentali ed umoristici ed anche in alcuni horror.
Veri talenti si danno da fare nel disegnare surfer e surfboard e tra questo spiccano Alex Toth, Steve Ditko, Al Feldstein, Frank Frazetta e Jack Kirby.
In queste storie disegnate da non-surfisti il surfing è marginale, il surfboard decorativo e il surfer quando non è una mera comparsa è un un aitante cerebroleso.
Via-via con il passare dalla golden age alla silver age del fumetto il surfboard inizia a fare la sua comparsa tra super-heroes e super-villains.
Stan Lee e Jack Kirby creano per “la Casa delle idee” – la Marvell- il surfer più famoso dei fumetti: Silver Surfer, il surfer cosmico araldo di Galactus,tormentato ed imperscrutabile e con il suo pacifismo ammicca al nascente movimento hippie.
Però anche questo non ha nulla a che vedere con i surfer reali che tuttavia quando non surfano leggono fumetti e molti di loro frequantano le scuole di arte della California meridionale e alcuni di questi decidono di autoprodurre una comic book indipendente slegata dalla logica serile delle major dei fumetti come Marvell, D.C., Williams, ecc… e slegata anche dall’auto censura del comic’s code. Il titolo della rivista sarà “Zap comics” e darà il via alla tradizione mondiale del fumetto underground. Tra questi fumettisti vi è Rick Griffin , surfer che frequenta la scuola d’arte e cresciuto fumetti della E.C. comics e rimasto molto impressionato dai disegni di Basil Wolverton, visionario disegnatore degli anni 50 dal tratto allucinato e grottesco che dava il massimo nei fill-in autoconclusivi che colmavano le pagine in eccesso con la storia del personaggio titolare in albi seriali; storielle che erano per lo più horror o s/f , truculente, argute e dal finale spiazzante.
Il tratto caratteristico di queste storie viene adottato, filtrato e riadattato ( l da Rick Griffin che con il suo immaginario surf lo riversa in locandine dei surf shop o delle surf band ( vedi intervista a Paul Johnson dei Bel Air ) stemperandolo con suggestioni alla Hanna & Barbera , Locandine ed inserzioni e insegne che a loro volta attingono a piene mani dalla cultura connessa e e creata dal surfing e ri-immessa nel pop e nelle riviste underground autoprodotte con Robert Crumb , Gilbert Shelton e compagnia bella ciclostilate negli stessi garage dove si sagomano surfnoards e e provano le band.
Da qui si arriva ai fumetti di “Murph the surf” – che avrà un epigono in Wilbur Kookmejer di Bob Penuelas- su Surfer Magazine di John Severson ( a sua volta eccelso illustratore tra i tanti talenti) e alla rivista “Tales from the tube” ( citazione omaggio a a “Tales from the crypt” della E.C. comics).